Il processo creativo è costituito da un certo numero di fasi non tutte necessarie, che si susseguono non sempre nello stesso ordine.
Di sicuro tra queste fasi c’è quella legata alla nascita dell’idea o al palesarsi di un’intuizione.
Poi c’è la fase della trasposizione materica dell’idea originaria, nella quale si individuano i mezzi, le tecniche, i medium e i materiali più idonei a “materializzare” quella particolare idea.
Da ultimo c’è la fase realizzativa, nella quale l’idea originaria prende vita all’interno del mezzo espressivo scelto, venendo plasmata e spesso “adattata” a quel mezzo.
E’ in quest’ultima fase, generalmente la più lunga, che si verifica una sorta di contatto tra interno ed esterno, tra spirituale e materiale: è come se i dualismi che scandiscono la nostra vita si annullassero in un ordine cosmico omnicomprensivo.
Non sto parlando – almeno non necessariamente – di arte e di artisti: sto parlando di creatività, e cioè di quella facoltà che può esprimersi anche nella realizzazione di qualcosa di estremamente semplice e che può dar luogo anche a qualcosa di già esistente, purchè in questo caso l’autore non ne sia a conoscenza.
E quanto più la fase realizzativa dura e si protrae nel tempo, tanto maggiori saranno gli effetti di questa fusione tra materia, spirito, coscienza, intelletto e memoria.
Il risultato finale somiglierà, talvolta, solo lontanamente all’idea originatrice, proprio perché durante la realizzazione saranno intervenute nuove necessità, nuovi slanci creativi, nuovi collegamenti logici e connessioni. E sono proprio questi ingredienti a costituire ciò che può essere definito “lo stile” nel senso più alto del termine: quelle peculiarità espressive differenti in ogni individuo che spesso affiorano in modo istintivo, senza predeterminazione, mostrando così la reale essenza dell’autore.
Questo è il motivo per il quale nemmeno l’autore è in grado di conoscere il senso ultimo della sua creazione: perchè durante l’atto realizzativo è stato per alcuni istanti o per lunghi periodi un mezzo anch’egli, quasi pilotato e manovrato da energie e consapevolezze ancestrali, da una sorta di memoria collettiva.
Per questo ritengo sia utile ascoltare ciò che gli altri hanno da dire sul nostro lavoro e sulle nostre realizzazioni.
La fotografia, in questo, si differenzia dalle altre forme d’arte o meglio dalle altre forme di espressione creativa: a meno di casi particolari infatti, la fase realizzativa si riduce ai brevi istanti precedenti lo scatto.
La fotografia gioca più su principi istintuali, anch’essi somma delle nostre esperienze e preferenze, delle nostre idee e delle nostre aspirazioni, ma tutto giocato su un intervallo temporale troppo breve affinchè quei flussi e quelle energie cui facevo riferimento poco sopra possano palesarsi e diventare parte dell’opera. Per questo, e secondo me solo per questo, la fotografia è un’ Arte Media.
(eloj)