23:29
“Ti posso chiamare?” – gli scrisse lei in un SMS.
Lui aveva deciso il giorno prima di interdire ogni canale di comunicazione “social”: era la terza volta questa che “bloccava” qualcuno e ogni volta per un motivo diverso, ma sempre gli era capitato con soggetti femminili. La prima volta, a seguito di una collaborazione professionale in campo artistico finita male, la seconda per questioni sentimentali: lei avrebbe continuato a sbirciare per chissà quanto dal buco della serratura; questa volta era più per impedire a se stesso di ritrovarsi a controllare cosa facesse lei.. o quando si svegliasse; sapeva che oltre ad arrecargli dolore, sarebbe stata una cosa meschina. Lui usava i social alla maniera ottocentesca: profilo aperto, nessuna roba triste o tragica, di faccine solo quella fatta a mano con i ‘due punti’ il ‘trattino’ e la ‘parentesi chiusa’, solo espressioni di sé, per mostrarsi certo, o meglio per esprimersi, gettando bottiglie piene di messaggi in un oceano tempestato di naufraghi…. ma senza troppi veli, senza voler costruire un personaggio diverso da quello che ogni giorno interpretava nella vita; anzi, forse il motivo dei suoi post era proprio quello di conoscere egli stesso quel personaggio, complesso e banale al tempo stesso.
Ci pensò un attimo; era uscito da poco dal cinema con una amica; aveva visto “Lucky”: un film sull’impermanenza e sulla caducità delle cose, che parlava del senso della vita; nel pomeriggio aveva praticato zen cercando di assaporare il “qui ed ora”…ne aveva particolarmente bisogno adesso; poi aveva camminato molto in modo consapevole, prestando attenzione al respiro, al proprio corpo, ai rumori, e prima del film si era cimentato nella rappresentazione di mani e piedi con lapis e acquarelli perché si era convinto da qualche anno che quell’esercizio potesse integrare e giovare alla sua fotografia – il suo grande amore – e ora ci aveva preso anche gusto.
MMS 23:40
“NO” le rispose lui, aggiungendo che aveva portato la sua maglietta a Seravezza quando era andato a recuperare le fotografie lasciate per un concorsino, e che lei l’avrebbe trovata vicino alla sua cartellina quando fosse andata a recuperarla. Voleva farle capire che non si era voluto tenere alcuna freccia nella faretra, da usare in seguito come pretesto per un incontro. Seguivano poi alcune righe nelle quali aveva cercato di chiarire il perchè di quel ‘No’.
“Avevo aperto il rubinetto al massimo” – scrisse – “adesso devo chiuderlo, e parlare con te ritarderebbe soltanto questa operazione. Comunque non la vorrei fare più grossa di quanto sia. E’ stata una mia scelta aprirlo, nonostante tu abbia cercato in vari modi di dissuadermi.” Aveva concluso il messaggio alludendo ad una sua (di lei) precedente richiesta di ripartire da due settimane prima, quando la relazione ancora non aveva preso quella piega strana, scrivendo che non intendeva affatto tornare a quella data perché erano state proprio quelle due settimane a piacergli particolarmente.
…E siccome aveva sforato la massima lunghezza consentita per un SMS, il cellulare gli mostrava accanto all’orario di invio, che era partito un MMS, e per un attimo pensò che lo avrebbe pagato caro, non essendo nel suo piano tariffario.
Si mise in attesa della risposta; l’animo era quieto: non c’era un particolare coinvolgimento emotivo o qualche aspettativa…semplicemente lo aveva sfiorato il dubbio che forse non tutto era finito…almeno non ora e non nei termini che lui aveva immaginato.
23:44
“Nero o bianco, aperto o chiuso; i mezzitoni non esistono?” Le parole mostravano una vaga allusione all’ambito percettivo e fotografico, anche a lei molto caro. “Perché basare un rapporto su un approccio del genere? Ma che vantaggio ti dà?”
Leggendo la risposta un leggero sorriso si palesò sul suo volto pensando a quanto amasse i mezzitoni e le sfumature in fotografia e a quanto odiasse i forti contrasti con i neri profondi; ma qui non era certo di fotografia che si stava parlando. Decise di essere chiaro e limpido, senza giochi di parole, senza strategie; in fondo erano anni che stava cercando di liberarsi di tutte le maschere che lo avevano accompagnato nella vita. Aveva lasciato il suo lavoro da ingegnere perché non sopportava certe ipocrisie, perché aveva scelto la libertà e aveva visto troppi colleghi stritolati negli ingranaggi della carriera, della posizione, del denaro. Aveva scelto una vita semplice, senza SUV, senza SPA, senza cravatte e senza falsità; ed era riuscito – almeno fino ad ora – a perseguire il suo obiettivo. Stava pensando a quella miriade di nuove esperienze che aveva potuto vivere lasciando il vecchio lavoro; sì, forse a quest’ora avrebbe avuto quell’ufficietto con la pianta in un angolo e con la finestra, ma si sarebbe ingrigito, inaridito, incattivito. E invece aveva gestito Bar sul mare, aveva fatto corsi di cucina, aveva lavorato come aiuto cuoco per impratichirsi, aveva fatto anche una stagione invernale in Val Gardena – dove quella prima deviazione dal tracciato prestabilito ne aveva prodotta una successiva dando origine ad una ramificazione della quale adesso era difficile contare le escrescenze – e poi aveva gestito ristoranti lavorandovi anche come cuoco, aveva conosciuto decine di persone, trovato e perso amici subendo addirittura minacce con un cavatappi in un giorno di fine stagione quando gli animi sono esasperati…e nel frattempo aveva potuto coltivare le sue passioni, fare viaggi, comprare un camper.
23:52
“Mi dà il vantaggio di non rimanere vittima della tua testa calda e a tratti contraddittoria….a parte questo: nessuno.”
Voleva essere esplicito, anche a costo di porgere il fianco o abbassare la guardia.
“C’è uno squilibrio” – proseguì – “A me piaci come donna, nella tua totalità; io per te sono l’amico di Viareggio fotografo scrittore…..no! Non funziona!”
Nonostante fosse consapevole che quello scambio di messaggi poteva essere l’ultimo, e al tempo stesso che quelle ultime battute potevano eventualmente ripristinare una situazione, riaprire degli spiragli, era tranquillo: il suo respiro era profondo e rilassato, nessuna ansia, nessuna inquietudine.
23:56
“A me piace prima la tua persona, senza l’ambizione di voler possedere il cuore il sentimento e pure il corpo di tale persona nel modo in cui intendi fare tu nei miei confronti. Perché temo che sia così….”
Era terrorizzata dall’idea che qualcuno potesse costruirle un recinto intorno, anche se comodo e accogliente. Probabilmente le sue due precedenti lunghe relazioni le avevano fatto maturare un rigetto per ogni forma di possesso: aveva scelto anche lei la libertà declinandola nel desiderio di riempire la propria vita di attività varie, di conoscere persone, di fare esperienze sempre diverse, di non avere terra ferma sotto i piedi ed essere sempre in movimento mettendosi in gioco, sempre; e non avrebbe consentito a nessuno di limitare la propria libertà, conquistata a caro prezzo e con sacrificio; soprattutto adesso che aveva superato un difficile periodo nel quale – suo malgrado – aveva dovuto arrestarsi a causa di un brutto incidente. Adesso era un fiume in piena, pronto a travolgere ogni argine di contenimento; risoluta, schietta, acuta, con un animo poetico, capitano e unico membro dell’equipaggio, aveva messo la barra a dritta e il motore al massimo regime, pronta ad affrontare gli oceani.
MMS 00:09
Pensò che il gioco nel quale si era trovato coinvolto, fosse troppo complicato per uno come lui in cerca di trasparenza totale: non voleva ritrovarsi a pensare ad ogni cosa da dire o da fare come fosse la mossa di un pezzo sulla scacchiera: voleva essere libero di chiedere ma soprattutto non accettava che non gli fosse dato ciò che chiedeva…e glielo scrisse nel messaggio. Poi sentì la necessità di togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa: “Sinceramente hai detto delle cose che mi fanno anche un po’ incazzare: e cioè che mi darebbe fastidio quando fotografi invece di scodinzolarmi intorno e che sto alterando i tuoi ritmi circadiani!” No, non aveva proprio capito che lui di gente scodinzolante intorno non ne voleva e non ne aveva mai voluta; e aveva cominciato a ripercorrere mentalmente i vari incontri per trovare qualche atteggiamento che avesse potuto indurre quella considerazione.
Seguirono altri due tre messaggi finchè lei tornò nuovamente sul tema del possesso.
00:33
“Tu volevi fagocitarmi” scrisse.
00:34
Quel termine lo riportò ai tempi del liceo, e in particolare alla foto sul libro di scienze nella quale si vede un’Ameba che fagocita appunto un Paramecio: protozoi che vivono in ambiente liquido dove il più forte ingloba l’altro per nutrirsene.
E glielo scrisse: “Sì, come un’ameba col paramecio…..E poi sputare gli ossicini!”
Questo la fece certamente ridere: il clima si stava ammorbidendo.
00:41
“Ci vediamo sabato mattina?” scrisse lei senza tergiversare.
Lui non era preparato a questo tipo di risposta: non l’aveva prevista. Dei due, il più risoluto era certamente lei; lui sarebbe stato capace di rimanere nell’indefinito e nell’intangibile chissà ancora per quanto tempo, ma lei no: alla teoria doveva seguire la pratica. Non sapeva davvero cosa rispondere; anzi, qualsiasi risposta sarebbe stata sbagliata decretando la vittoria di lei che come al solito aveva preso in mano le redini del gioco e lo conduceva adesso con grande abilità e destrezza. Passò qualche minuto a riflettere: certo rivederla sarebbe stato bello, ma a cosa sarebbe servito?
00:46
L’unica cosa che seppe fare fu temporeggiare; tergiversare: “Guarda pensiamoci un po’, ci riaggiorniamo venerdì” anche se in cuor suo già sapeva che avrebbe detto sì.
(Eloj Lugnani)